martedì 27 agosto 2013

SULLA MEMORIA - La prima ed ultima libertà - Jiddù Krishnamurti

Domanda: Lei dice che la memoria è un'esperienza incompleta. Io ricordo, e serbo una vivida impressione delle Sue conversazioni. In che senso si tratta di un'esperienza incompleta? Per favore, mi spieghi quest'idea in tutti i suoi dettagli.

Krishnamurti: Che cosa intendiamo per memoria? Si va a scuola e ci si riempie di fatti, di scienza tecnica. Se si è un tecnico, si impiega la memoria della scienza tecnica per costruire un ponte. Questa è memoria fattuale. Vi è pure una memoria psicologica. Voi mi avete detto qualche cosa, piacevole e spiacevole, ed io la serbo; quando vi riincontro, vi incontro con quella memoria, con la memoria di ciò che avete detto o non detto. Vi sono due aspetti della memoria, quello psicologico e quello fattuale. Sono sempre interrelati, e perciò non si distinguono chiaramente. Sappiamo che la memoria fattuale è essenziale per vivere, ma la memoria psicologica è essenziale? Qual è il fattore che serba la memoria psicologica? Che cosa fa sì che psicologicamente ci si rammenti un insulto o una lode? Perché si serbano certe memorie ed altre vengono rimosse? Ovviamente si serbano le memorie piacevoli e si evitano quelle spiacevoli. Se osservate, vedrete che le memorie spiacevoli vengono messe da parte assai più rapidamente di quelle piacevoli. La mente è memoria, a qualsiasi livello, con qualsiasi nome voi la chiamiate; la memoria è il prodotto del passato, nel passato si fonda, perché il passato è memoria, è uno stato condizionato. Ora, con tale memoria affrontiamo la vita, affrontiamo una sfida nuova. La sfida è sempre nuova, e la nostra risposta è sempre antica, perché risulta dal passato. Così sperimentare senza memoria è uno stato, e sperimentare con la memoria è uno stato diverso. Vale a dire, vi è una sfida, che è sempre nuova. L'affronto con una risposta, col condizionamento dell'antico. E dunque, che cosa accade? Assorbo il nuovo, lo comprendo; e l'esperienza del nuovo viene condizionata dal passato. Perciò la comprensione del nuovo è soltanto parziale, tale intendimento non è mai completo. Soltanto quando vi è l'intendimento completo di qualche cosa essa non lascia traccia nella memoria. Quando vi è una sfida, sempre nuova, la si affronta con la risposta dell'antico. La risposta antica condiziona quella nuova, e pertanto la devia, la sottopone ad un pregiudizio, è dunque non vi è comprensione completa del nuovo, così che il nuovo viene assorbito entro l'antico e pertanto rafforza quest'ultimo. Ciò può sembrare astratto, ma non è difficile se lo si affronta da vicino ed accuratamente. La situazione del mondo, oggi, esige un atteggiamento nuovo, un modo nuovo di affrontare il problema del mondo, che è sempre nuovo. Siamo incapaci di affrontarlo dal principio perché ci accostiamo ad esso con le nostre menti condizionate, con pregiudizi nazionali, locali, familiari e religiosi. Le nostre esperienze precedenti agiscono come una barriera per l'intendimento della nuova sfida, e così continuiamo a coltivare e a rafforzare la memoria, e pertanto non potremo mai intendere il nuovo, non potremo mai rispondere alla sfida pienamente e completamente. Soltanto quando si è capaci di affrontare la sfida daccapo, in modo nuovo, rinunciando al passato, soltanto allora essa porta i suoi frutti e i suoi tesori.
Chi ha posto la domanda dice: "Ricordo e serbo una vivida impressione delle Sue conversazioni precedenti. - In che senso si tratta di un'esperienza incompleta?" - Ovviamente si tratta di un'esperienza incompleta se non è altro che un'impressione, una memoria. Se Lei ha capito ciò che è stato detto, se ne ha visto la verità, tale verità non è memoria. La verità non è memoria, perché la verità è sempre nuova, si trasforma ininterrottamente. Lei ricorda una conversazione precedente. Perché? Perché sta impiegando la conversazione precedente come guida, perché non l'ha pienamente capita. Ella intende penetrarla e, consciamente o inconsciamente, la serba. Se si comprende qualcosa completamente, vale a dire, se se ne scorge completamente la verità, si vede che non se ne ha alcuna memoria. La nostra educazione è coltivazione di memoria, rafforzamento della memoria. Le vostre pratiche e rituali religiosi, il vostro leggere e conoscere, tutti rafforzano la memoria. Che cosa intendiamo con ciò? Perché impariamo a memoria? Non so se avete notato che avanzando negli anni, si guarda indietro al passato, alle sue gioie, ai sui dolori, ai suoi piaceri; se si è giovani, si guarda al futuro. Perché facciamo questo? Perché la memoria è diventata tanto importante? . Per la semplice ed ovvia ragione che non sappiamo come vivere in modo pieno e completo nel presente. Impieghiamo il presente come strumento per il futuro, e perciò il presente non ha significato. Non possiamo vivere nel presente perché stiamo impiegando il presente come porta verso il futuro. Dato che sto per diventare qualche cosa, non comprenderò mai completamente me stesso, e comprendere me stesso, chi io sia, esattamente, ora, non esige la coltivazione della memoria. Al contrario, la memoria è ostacolo all'intendimento di ciò che è. Non so se avete notato che un pensiero e un sentimento nuovo vi giunge soltanto quando la mente non è catturata entro la rete della memoria. Quando vi è un intervallo tra due pensieri, tra due memorie, quando tale intervallo può venir mantenuto, allora da questo intervallo nasce una nuova condizione, che non è più memoria. Abbiamo ricordi, e coltiviamo la memoria come mezzo per continuare. Il "me" ed il "mio" acquistano un'estrema importanza finché esiste la coltivazione della memoria, e dato che la maggior parte di noi è costruita in base ai "me" ed ai "mio", la memoria gioca nelle nostre vite un ruolo di grandissimo peso. Se non aveste memoria, la vostra proprietà, la vostra famiglia, le vostre ide non sarebbero importanti in quanto tali; così per rafforzare il “me ed il “mio”, coltivate la memoria. Se osserverete bene, vedrete che vi è intervallo tra due pensieri, tra due emozioni. In tale intervallo, che non è prodotto dalla memoria, vi è una libertà straordinaria rispetto al "me" ed al "mio", , e tale intervallo è fuori del tempo.

Consideriamo ora il problema in modo diverso. Senza dubbio la memoria è tempo, non è così? La memoria crea lo ieri, l'oggi e il domani. La memoria di ieri condiziona l'oggi e perciò configura il domani. Vale a dire, il passato, attraverso il presente, crea il futuro. Vi è un processo temporale che si svolge, e che è la volontà di divenire. La memoria è tempo, e attraverso il tempo speriamo di conseguire un certo risultato. Oggi sono un impiegato e, se mi si darà tempo ed opportunità, diverrò il direttore o il proprietario. A questo scopo dovrò avère tempo, e con la medesima mentalità noi diciamo: "Conseguirò la realtà, mi accosterò a Dio". Perciò, per realizzarmi, devo avere tempo, vale a dire devo coltivare la memoria, rafforzare la memoria mediante pratiche e disciplina, essere qualche cosa, conseguire, guadagnare, il che significa continuazione nel tempo. Attraverso il tempo speriamo di raggiungere quanto è fuori del tempo, attraverso il tempo speriamo di conseguire l'eterno. È possibile? Potrete mai cogliere l'eterno entro la rete del tempo, mediante la memoria, che appartiene al tempo? Ciò che è fuori del tempo potrà esistere soltanto quando la memoria, che è il "me" ed il "mio", cesserà. Se vedrete la verità del fatto che, attraverso il tempo, non è possibile comprendere o recepire quanto è fuori del tempo, allora potremo sviscerare il problema della memoria. La memoria delle cose tecniche è essenziale; ma la memoria psicologica, che mantiene il sé, il "me" ed il "mio", che procura identificazione e continuazione del sé, è totalmente nociva per la vita e la realtà. Quando se ne vedrà la verità, il falso cadrà; e perciò non si serberà più, psicologicamente, l'esperienza di ieri. Si guarderà un bel tramonto, un bell'albero in un campo, e quando lo si guarda per la prima volta, lo si gode completamente, interamente; ma vi si ritorna col desiderio di vederlo ancora. Che cosa accade quando vi si ritorna col desiderio di vederlo ancora? Che non vi è gioia, perché è la memoria del tramonto di ieri che ora mi costringe a ritornare, che mi urge a godere. Ieri non vi era memoria, soltanto un apprezzamento spontaneo, e una risposta diretta; oggi si ha il desiderio di ricatturare l'esperienza di ieri. Vale a dire, la memoria sta intervenendo tra voi ed il tramonto, e perciò non vi è gioia, non vi è ricchezza, non vi è pienezza del bello. O ancora: avete un amico, che ieri vi ha detto qualche cosa, un insulto o un complimento, e ve lo ricordate; con questo ricordo incontrate l'amico oggi. Ma in realtà non incontrate l'amico: portate con voi la memoria di ieri, che subito interviene. Così andiamo avanti, cingendo di memoria noi stessi e le nostre azioni, e per questo non vi è più novità, non vi è freschezza. Ecco perché la memoria rende la vita stanca, sorda e vuota. Viviamo in antagonismo gli uni con gli altri perché i "me" ed i "mio" vengono rafforzati dalla memoria. La memoria nasce mediante l'azione nel presente; diamo vita alla memoria attraverso il presente; ma, quando non diamo vita alla memoria, essa scompare. La memoria dei fatti, delle cose tecniche, è un'ovvia necessità; ma la memoria come ritenzione psicologica è nociva all'intendimento della vita, alla comunione con ciascun altro.

Testo tratto dal libro " La prima ed ultima libertà"

Copywrite
1954 Krishnamurti Writings, inc., Ojai , U.S.A.
1969 Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

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