Il pensiero non ha risolto i
nostri problemi e non ritengo che lo farà mai. Abbiamo contato sull'intelletto
perché ci mostrasse la via per uscire dalla nostra complessività. Più abile,
più sottile, più odioso è l'intelletto, maggiore è la varietà di sistemi, di
teorie, di idee. Le idee non risolvono alcun problema umano; non l'hanno mai
risolto né mai lo faranno. La mente non è una soluzione; la via del pensiero
non è, ovviamente, la via per farci intendere il processo del pensare, e forse
riuscire ad andare al di là: poiché quando il pensiero cesserà, forse saremo in
grado di scoprire una via che ci aiuterà a risolvere i nostri problemi, non
solo quelli individuali, ma anche quelli collettivi.
Il pensiero non ha risolto i
nostri problemi. I sommi, i filosofi, i dotti, i capi politici, non hanno in
realtà risolto nessuno dei problemi umani: che consistono nella relazione tra
voi ed un altro, tra voi e me. Finora abbiamo usato la mente, l'intelletto,
perché ci aiutassero ad investigare il problema, sperando di trovare una
soluzione così: potrà mai il pensiero dissolvere i nostri problemi? Il
pensiero, salvo che nel laboratorio o sul tavolo da disegno, non è sempre
autoprotettivo, autoperpetuante, condizionato? La sua attività non è sempre
incentrata su se stessa? E un simile pensiero potrà mai risolvere qualcuno dei
problemi che il pensiero stesso ha creati? Potrà la mente, che ha creato i
problemi, risolvere cose che essa stessa ha dato alla luce?
Senza dubbio pensare è
reagire. Se vi faccio una domanda, voi rispondete secondo la vostra memoria, i
vostri pregiudizi, la vostra educazione, il clima, insomma in base a tutto il
background del vostro condizionamento; rispondete, pensate in funzione di esso.
Il centro di questo
background è 1'"io" nel processo dell'azione. Finché quel background
non viene compreso, finché quel processo di pensiero, quel sé che crea il
problema, non viene compreso e non vi si pone fine, saremo costretti a stare in
conflitto, con l'interno e con l'esterno, nei nostri pensieri, emozioni ed
azioni. Nessuna soluzione di nessun tipo, per quanto eccellente, per quanto ben
ponderata, potrà mai por fine al conflitto tra uomo ed uomo, tra voi e me. Rendendoci
conto di questo, essendo consapevoli del modo in cui il pensiero scaturisce e
da quale fonte esso scaturisca, domandiamo: "potrò mai esaurire il
pensiero?".
Questo è bene un problema,
non è così? Può il pensiero risolvere i nostri problemi? Pensando al problema,
l'avete forse risolto? Un tipo qualsiasi di problema - economico, sociale, religioso
- è stato mai realmente
risolto dal pensiero? Nella vostra vita quotidiana, quanto più pensate ad un
problema, tanto più complesso, tanto più irrisolto, tanto più vago diviene. Non
è forse così? Non è forse nella nostra vita pratica, quotidiana? Pensando a
certi aspetti del problema, potrete vedere piú chiaramente il punto di vista di
un'altra persona, ma il pensiero non può cogliere la completezza e la pienezza
del problema: lo può vedere solo parzialmente, ed una risposta parziale non è
una risposta completa, e pertanto non è una soluzione.
Quanto più pensiamo a un
problema, quanto più investighiamo, analizziamo, discutiamo un problema, tanto
più esso diviene complesso. Così, è possibile guardare al problema in modo
completo, totale? In che modo? Poiché, a mio avviso, è questa la nostra massima
difficoltà. I nostri problemi vanno moltiplicandosi - vi è pericolo imminente
di guerra, vi è ogni tipo di disturbo alle nostre relazioni - e in qual modo
potremo comprendere ciò totalmente, nel suo insieme? Senza dubbio ciò sarà
risolubile soltanto quando potremo considerarlo nel suo insieme: non a
compartimenti stagni, non ripartito. E quando sarà possibile? Sicuramente,
soltanto quando sarà venuto a termine il processo del pensare: che ha la sua
fonte nel’ ”io”, nel sé, nel background della tradizione, del condizionamento,
del pregiudizio, della speranza e della disperazione. Potremo comprendere
questo sé non analizzandolo, ma vedendo la cosa com'è, essendo consci di essa
come di un fatto e non come di una teoria? Non, cioè, tentando di dissolvere il
sé allo scopo di ottenere un risultato, ma vedendo l'attività del sé, del’ “io”,
in azione continua? Possiamo guardarlo, senza compiere alcun movimento che lo
distrugga o lo promuova? E’ questo il problema, non vi pare? Se, in ciascuno di
noi, il centro dell’ “io” è non-esistente, col suo desiderio di potere, di
posizione sociale, di autorità, di prosecuzione, di autopreservazione, senza
dubbio i nostri problemi giungeranno a termine!
Il sé è un problema che il
pensiero non può risolvere. Occorre una consapevolezza che non è del pensiero.
Essere consapevoli, senza condannarle o giustificarle, delle attività del sé -
soltanto esserne consapevoli - basta. Se si è consapevoli per scoprire in qual
modo risolvere il problema, per trasformarlo, per giungere ad un risultato, si è
ancora nel campo del sé, dell’ “io”. Finché cercheremo un risultato, sia
attraverso l'analisi, sia attraverso la consapevolezza, attraverso l’analisi
puntuale di qualsiasi pensiero, resteremo pur sempre entro il campo del
pensiero, vale a dire entro il campo dell’ “io”, del “me”, dell'ego: chiamatelo
come volete.
Finché sussiste l'attività
della mente, senza dubbio non potrà esservi amore. Quando vi sarà amore, non
avremo più problemi sociali. Ma l'amore non è qualcosa che si possa acquistare.
La mente può
cercare di acquistarlo, come
un nuovo pensiero, un aggeggio nuovo, un modo nuovo di pensare; ma la mente non
può trovarsi in una condizione d'amore tanto a lungo, quanto occorrerebbe al
pensiero per acquisire l'amore. Finché la mente cerca di trovarsi in uno stato
di non-avídità, senza dubbio essa resta avida, non è così? Similmente, finché
la mente ambisce, desidera e agisce allo scopo di trovarsi in una condizione
nella quale vi sia amore, senza dubbio essa rinnega tale condizione, non è
così?
Consideriamo questo problema,
questo complesso problema del vivere, ed essendo consapevoli del processo del
nostro proprio pensiero, e rendendoci conto che esso in realtà non porta da
nessuna parte - quando veramente ci si renderà conto di ciò, allora senza
dubbio ci si troverà in una condizione di intelligenza che non sarà individuale
o collettiva. Allora il problema della relazione dell'individuo con la società,
dell'individuo con la comunità, dell'individuo con la realtà, cesserà di
esistere; poiché allora vi sarà soltanto intelligenza, la quale non è né
personale né impersonale. È soltanto questa intelligenza, io credo, che può
risolvere i nostri immensi problemi. Ciò non può costituire un risultato; nasce
soltanto quando comprendiamo questo intero, totale processo del pensiero, non
soltanto a livello conscio, ma anche ai livelli della coscienza più profondi e
più nascosti. Per comprendere problemi di tale fatta è necessario possedere una
mente estremamente pacificata, una mente del tutto serena, tale da poter
guardare al problema senza interporre idee o teorie, senza la minima
distrazione. È questa una tra le nostre difficoltà: poiché il pensiero è
divenuto una distrazione. Quando intendo comprendere, osservare veramente
qualcosa, non dovrò pensare ad essa: dovrò guardarla. Nel momento in cui
comincio a pensare, ad avere idee ed opinioni intorno ad essa, mi trovo già in
una condizione di distrazione, mi trovo già a guardare al di là della cosa che
devo comprendere. Così il pensiero, quando si ha un problema, diventa una
distrazione - intendendosi per pensiero un'idea, un'opinione, un
giudizio, un confronto - che ci impedisce di guardare e pertanto di comprendere
e risolvere il problema. Sventuratamente per la maggior parte di noi il
pensiero ha acquistato un'importanza enorme. Voi dite: "come potrei
esistere, essere, senza pensare? Come potrei avere una mente vuota?». Avere una
mente vuota significa stare in una condizione di stupore, di idiozia, comunque
la si chiami e la vostra reazione istintiva è di respingerla. Ma senza dubbio
una mente che sia in perfetta calma, una mente che non sia distratta dal
proprio stesso pensiero, una mente che sia aperta, può guardare al problema in
modo veramente semplice e diretto. E questa capacità di guardare senza alcuna
distrazione i nostri problemi, è l'unica soluzione. A questo fine occorre una
mente calma, tranquilla.
Una tale mente non è un
risultato, non è un prodotto fine a se stesso derivante da una pratica, dalla
meditazione, dal controllo. Essa non nasce attraverso alcuna forma di
disciplina o di costrizione o di sublimazione, nasce senza alcuno sforzo del
"me", del pensiero; nasce quando comprendo l'intero processo del
pensare - quando posso vedere un fatto senza la minima distrazione. In tale
condizione di tranquillità, propria di una mente che è realmente calma, vi è
amore. E soltanto l'amore può risolvere tutti i nostri problemi umani.
Testo
tratto dal libro " La prima ed ultima libertà".
Copywrite:
1954 Krishnamurti Writings, inc., Ojai , U.S.A.
1969 Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma.