mercoledì 28 gennaio 2015

SUL LAVORO, SOLDI E SOCIETA'

Da molti anni, probabilmente da quando è iniziato il capitalismo con il consumismo come strascico, la gente è convinta che "fare qualcosa" significhi "lavorare"; quest'ultima definizione, però, non è poi così corretta, infatti preferisco correggerla con "lavorare per prendere soldi".
Quindi, per la proprietà transitiva, "fare qualcosa" = "guadagnare soldi".

La cosa si aggrava quando ci rendiamo conto che questo è un pensiero concepito a livello sociale e quindi la credenza su questo "lemma" è, appunto, presa per vera.
Guai a dire il contrario o guai a pensarla diversamente; se così fosse, allora sei uno di quelli che "non fanno niente dalla mattina alla sera".

Nel mio pensiero, la società si è talmente abituata a certe definizioni e a stili di vita che ormai sono diventati dei punti chiave immobili.
Potremmo parlare di "colonne portanti" della vita di un essere umano che vive nella società: se una colonna viene danneggiata, rischia di cadere il soffitto.
Poi, come nei grandi cambiamenti della propria vita individuale, c'è la paura di dover mettere in discussione una di queste colonne perché apparirebbero dei fantasmi che spesso non vogliamo affrontare, così un'individuo vive la sua vita su dei concetti precostituiti e se avrà la "fortuna" di non accorgersene, si ritroverà in un letto a consumare i suoi ultimi respiri godendo delle sue gesta: svegliarsi, lavorare (per guadagnare soldi), mangiare, rilassarsi per la stanchezza e tornare a dormire.

Facciamo un breve calcolo:

- la mattina, tra svegliarsi, lavarsi e fare colazione ci si impiegano circa 1.30 ore. Siamo stretti: 1.00 ore;

- contiamo il tempo per andare verso il posto di lavoro, considerando il traffico o quant'altro, almeno 0.40 ore;

- lavoro totale: 7.00 ore + 1.00 ore tra pausa pranzo e altro (stando stretti);

- tempo per tornare al posto di lavoro: almeno altri 0.40 ore;

- cena: 0.30 minuti se siete veloci e non dovete prepararla;

- le ore di sonno dovrebbero essere 8, ma contiamo 7 ore di sonno per notte;


Siamo ad un totale di 17.50 ore tra lavoro, dormire e pasti, il che significa che al giorno ci sono a disposizione 6 ore e 10 minuti di "libertà".
In questo preciso momento, usare il termine "libertà" mi fa quasi sorridere.

E' vita questa? Io lo chiamo sopravvivere.
Questo vivere/sopravvivere è quello che la società, ovvero noi stessi, definisce "fare qualcosa".
Se tu non butti le 17.50 ore giornaliere direttamente nel cestino, al contrario, sei quello che "non fa nulla dalla mattina alla sera".

La cosa più terribile è che siamo noi stessi a desiderare questo modello di vita.
Lasciamo stare i complotti, le società segrete e tutte le teorie più strampalate o meno perché ad oggi, sono gli stessi parenti o amici che credono all'equazione "fare qualcosa" = "lavorare".
Bisogna lavorare! Servono soldi! Le bollette chi le paga? L'affitto? La casa come la riscatto? C'è la tassa da pagare! Cosa fai senza soldi?

Se qualcuno vuole farmi credere che nasciamo per svolgere il compito imposto da un "modello" a cui siamo abituati (svegliarsi, lavorare, mangiare, dormire), allora questo qualcuno: o non ha minimamente cervello, il che è plausibile visto che sono le prime vittime passive, o ha cervello ma se ne frega altamente perché è più comodo sopravvivere piuttosto che vivere.
Non si può credere ad una menzogna simile perché è l'esistenza stessa che ci dice questo! Chi ha detto che nel momento in cui nasciamo, il nostro scopo è quello di lavorare e prendere soldi
 Quindi, chi si è inventato la colossale bugia che è l'equazione "fare qualcosa = lavorare = guadagnare soldi"?

Quando un essere vivente viene al mondo, non c'è nessun modello da seguire, non c'è nessun omone con la barba grigia che ti ordina di seguire un modello.
Probabilmente l'unico vero modello è quello dettato dal rispetto per se' stessi e per gli altri, ma non chiediamo troppo! Per carità!

Troppo faticoso.
Il modello in causa è stato dettato dall'essere umano stesso per l'essere umano, probabilmente per dare una risposta alla domanda "qual'è lo scopo della mia vita?" che ad oggi attanaglia le menti di moltissime persone in vera e propria crisi psicologica.

Non mi sembra che questo modello stia avendo molto successo.

C'è gente che si toglie la vita, gente che si rovina un'esistenza; questa gente crede di compiere il vero scopo della propria vita, ma non fa altro che correre dietro ad un mulino a vento, spesso giudicando e inglobando anche la vita altrui.
Non c'è niente che abbia a che fare con definizioni politiche popolari in tutto ciò; semplifichiamo l'equazione e prendiamo chi ha un lavoro e qualche soldo e chi non ha soldi e cerca un lavoro e potremo subito notare che entrambi non sono così diversi ma hanno un minimo comune denominatore:

- I primi credono di essere liberi e felici - CREDONO NEL MODELLO (lavoro, ho soldi, li spendo e sono contento perché mi permettono di fare vacanze e di comprare quello che voglio);

- I secondi vogliono essere liberi e per farlo vogliono lavoro e soldi - CREDONO NEL MODELLO (se ho il lavoro, prendo soldi e sono tranquillo perché posso pagare i miei debiti);


Entrambi credono nel modello in cui sono immersi e non si fanno domande che vadano oltre, come per esempio: "perché devo essere ridotto così?", "mi fa veramente felice possedere queste cose?

Mi viene in mente un'altra cosa che spesso mi fa sorridere: con l'avvento dell'era industriale, i tempi di produzione si sono nettamente ridotti (a discapito della qualità, ma questo è un altro discorso), quindi una riduzione dei tempi di "lavoro" e quindi un guadagno per il singolo, in termini di tempo, da usare per la propria vita.
Ma così non è stato; il tempo veniva e viene speso per lavorare ancora di più.
Con l'avvento dei computer, i tempi si sono ridotti ancora più drasticamente!
Faccio solo pensare al tempo che s'impiegava a scrivere e ad inviare un FAX non poco tempo fa e al tempo che ci s'impiega ad inviare un'email, ma vi sarebbero tantissimi altri esempi!
Ulteriore riduzione dei tempi lavorativi, quindi ancora più guadagno per VIVERE, ma....così non è stato, anzi, ho molti amici che devono fare straordinari su straordinari.

E' anche vero che in 120 anni circa dalla prima rivoluzione industriale il numero degli abitanti del pianeta è cresciuto da circa 791 milioni a circa 7 miliardi, ma è anche vero che in questa crescita, è cresciuto il numero di gente con la possiblità di produrre (con lo stesso tempo in cui prima si spediva un FAX, oggi possiamo mandare anche 3 o 5 email).


ALT.
I soldi non fanno la felicità, ma non sto dicendo che non servano. Il problema non sono i soldi, ma il meccanismo che li distribuisce che obbliga la gente a non vivere la propria vita come meglio si possa credere.

Ma allora?
Sono bei discorsi questi, ma alla fine serve anche guardare il lato pratico.
La soluzione non è smettere di lavorare, ma capire cosa può realmente significare questa fantomatica parola: "lavorare".
La prima definizione dal dizionario è quella che più mi piace: il lavoro è [...] l'impiego di un'energia per raggiungere uno scopo determinato.

Serve prima di tutto trovare uno scopo nella propria vita, qualcosa che possa arricchirci interiormente, qualcosa di cui, sotto sotto, abbiamo realmente bisogno e che ci faccia sentire realizzati.

IL TUO LAVORO E' QUELLO CHE PERMETTE A TE DI REALIZZARE TE STESSO

Questo lo traduco in "dare un valore aggiunto al mondo" perché ad oggi, troppi credono di vivere bene stando nel modello, ma si comportano da veri parassiti per se' stessi e per la società.

Bisogna misurare la qualità del "lavoro" non per il guadagno monetario che si ottiene, ma per il guadagno in tempo per se' stessi o, tanto meglio, se questo "lavoro" risponde alla domanda: "mi rende migliore?".
Questo pensiero aumenterebbe di molto la qualità di tutti!
Permetterebbe di osservare gli altri in un modo totalmente diverso, polverizzerebbe anche alcune barriere sociali.

O ancora, quanto sarebbe bello poter lavorare per quello che ci serve?
Voglio pagare delle bollette e stare tranquillo? Lavoro quello che mi serve per quelle bollette, il resto del TEMPO è per me.
Voglio comprarmi una barca a vela? Lavoro quello che serve per la barca a vela.
SENZA MALIZIA NEL GIUDIZIO, MI RACCOMANDO!

Questo, il modello non lo permette ma il modello, ora, siamo noi.
Siamo noi con una mentalità ottusa che non vogliamo vedere oltre, preferiamo vedere quanto siamo bravi a svettare in questa struttura socioculturale sentendoci migliori di chi invece "non fa niente dalla mattina alla sera", ma alla fine, quando arriva la sera, siamo noi stessi distrutti da quel modello a cui siamo fedeli.

Ci sono anche situazioni che non permettono una visione così "semplice" visione del lavoro come l'ho presentata; a titolo d'esempio, possiamo citare famiglie distrutte e plagiate dai debiti, gente che si ritrova senza niente a causa di catastrofi climatiche ma il punto è che quelle sono solo le vittime della struttura socioculturale a cui tutti noi siamo assoggettati e accettiamo passivamente.
E' anche una nostra responsabilità se queste persone hanno difficoltà che sta nel credere di "vivere" secondo la nostra volontà e invece tutti noi "sopravviviamo": ricchi, poveri, ricchissimi, poverissimi.

Lavorare è quando creiamo qualcosa di utile per noi e per gli altri, non quando si ottengono solo soldi in cambio; il problema della mancata retribuzione (in qualsiasi forma), fa si che moltissime altre attività non vengano viste come un lavoro ma questo è TOTALMENTE SBAGLIATO!

Un esempio è un bravo pittore: quante ore di studio ha impiegato per avere la sensibilità che ora possiede nello stendere il colore?
Eppure se crea un quadro, viene visto come il famoso colui che "non fa niente dalla mattina alla sera", solo perché non gli viene retribuito del denaro.

Se vostra nonna vi chiede di sistemare l'orto e voi impiegate 10 ore della vostra giornata, come definite la fatica che avete sprecato? Un passatempo? No, quello è un lavoro, solo che non riceverete nessuna retribuzione in cambio (dopotutto è vostra nonna!).

Con questi esempi voglio semplicemente spostare il punto di vista sull'attività svolta in se' che è LAVORO a tutti gli effetti e non su ciò che otteniamo in cambio perché questo ci fa capire la distinzione vera tra "lavorare" e "fare niente dalla mattina alla sera".
Serve giudizio, amore per se' stessi e rispetto.

Voglio concludere portando enfasi su ciò che ho scritto più volte qui sopra: il modello in cui viviamo lo stiamo decidendo noi. Dipende tutto da noi.

Con la speranza di aver acceso anche solo una piccola fiammella dentro di voi, vi auguro un buon proseguimento.
A presto,

Fennec Irrequieto

1 commento:

Dante Laaw ha detto...

Con immenso piacere saluto al mio nuovo collaboratore Fennec Irrequieto, che con questo primo post entra in "Facciamodasoligrazie" affrontando un'argomento tanto importante quanto sottovalutato!

Grazie per la partecipazione e per il sostegno Fennec!

A presto!

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